OSSI DURI - La storia di Mario

Ciao, mi chiamo Mario. Nel maggio del 2011 iniziai a sentire un fastidio alla spalla destra, una sorta di infiammazione, mi faceva male fare determinati movimenti col braccio. Cercai di curare inizialmente tramite terapia fisioterapica. Dopo quasi un mese, nel quale il dolore mutava ma non spariva, decisi di fare una risonanza magnetica che sotto consiglio del mio fisioterapista, portai a vedere da un chirurgo della spalla. Dalla risonanza risultò che c’era una macchia all’acromion (parte della scapola), il chirurgo capì subito che poteva essere qualcosa di preoccupante e mi indirizzò presso la chirurgia oncologia del Pascale di Napoli. Dopo la biopsia, dato l’esito anomalo che non fece molta chiarezza su ciò che c’era nell’osso, lì al Pascale, mi sottoposi ad un curettage (pulizia dell’osso) e quindi a esame istologico.

Nel settembre del 2011 mi fu diagnosticato un tumore delle ossa. La prima cosa che pensai fu: “proprio a me?” In ospedale però mi resi conto che non ero solo: tante persone come me si trovavano ad affrontare situazioni simili se non peggiori, in un certo senso, ero anche fortunato. Dagli esami comunque, sembrava un tumore dei tessuti molli, quindi decisero di sottopormi subito a una PET total body per scongiurare che quella fosse già una metastasi. Quello è stato il momento più preoccupante che ho vissuto. Ho atteso per due giorni l’esito di quell’esame davvero con tanta paura. Fortunatamente la PET fu negativa e quindi quello trovato alla spalla, seppur ancora da definire, fu diagnosticato come un tumore delle ossa. Il Pascale di Napoli fece esaminare i vetrini anche al Gaetano Pini di Milano, io privatamente riuscii addirittura a farli esaminare da un anamopatologo in America, Dr. Unni che aveva lavorato alla Mayo Clinic e contemporaneamente fissai anche un incontro al Rizzoli di Bologna.

Tutti al termine di questa indagine erano d’accordo che il mio tumore “a cellule fusate” poteva essere curato come un osteosarcoma. Nel frattempo, scelsi di farmi curare al Rizzoli di Bologna che rispetto al Pascale di Napoli ebbe un approccio più duro e deciso senza alcun tipo di esitazione: “Si trattava di un male cattivo e noi potevamo solo essere ancora più cattivi”. Il protocollo prevedeva 4 cicli di chemio terapia, la resezione totale dell’osso, e altri 12 cicli (che poi per un esame post operatorio divennero 16). Ho iniziato a ottobre 2011, operato a gennaio 2012 e terminato l’ultimo ciclo a settembre 2012.

È stato un anno affrontato come ho sempre fatto nello sport, con determinazione e voglia di mettermi alla prova. Come una vera e propria sfida contro la malattia e chiunque mi avesse distratto dalla lotta. Non mi sono mai assolutamente vergognato del mio aspetto, neanche quando ho perso i capelli, non mi sono perso mai d’animo ma soprattutto, ho sempre vissuto come se non fossi malato, certamente con tutti i disagi che una cura simile comporta, ma sempre come se nulla di tutto ciò mi stava accadendo. In alcuni casi, ammetto, anche esagerando. Ho trascorso tranquillamente sia Natale che Pasqua in ospedale, felice di andare avanti con i cicli, e non sospendere o rallentare il mio percorso. Ho sempre pensato che sarebbe stata una parentesi della mia vita.

Durante le cure, ho fatto un master in management sportivo e riorganizzato la vita a Milano, città dove avrei voluto costruire il mio futuro. Ho ripreso subito, anche qui esagerando, a fare sport. Non chiaramente a livello agonistico come fino al 2010, ma comunque ad un livello eccessivo per quello che il mio fisico aveva subito in quell’ultimo anno. Sono convinto fosse stato per un sentimento di riscatto e di voglia di vivere che in realtà non mi ha mai abbandonato ma che era latente, in attesa del via ufficiale. Oggi non salto mai il mio controllo di routine che da trimestrale è diventato annuale. Cerco di aiutare chiunque si trovi nella situazione in cui mi sono trovato io, con degli amici abbiamo creato un’associazione con la quale organizziamo eventi sportivi il cui incasso viene devoluto alla ricerca contro il cancro e all’assistenza dei malati di cancro. Vivo felicemente a Milano, sono sposato con Sara, abbiamo una bambina di 18 mesi che si chiama Anna e siamo in attesa della seconda che si chiamerà Alba.